Il paradosso delle due vedove

a cura di Giancarlo Toràn

La scherma, originariamente concepita come l’essenziale “arte di usare efficacemente le armi bianche da taglio e/o punta per l’offesa e la difesa personale”, trovava una sintesi lapidaria nell’aforisma di Molière: “Tutta l’arte della scherma consiste in due sole cose: dare e non ricevere.” Questa primordiale necessità di sopravvivenza permeava i trattati, che dedicavano particolare attenzione all’evitare il contatto simultaneo, il famigerato “incontro” o, con una macabra ironia, “il colpo delle due vedove”.

Masaniello Parise, figura autorevole e primo direttore della Scuola Magistrale Militare di Roma, nel suo celebre “Trattato teorico – pratico della scherma di spada e sciabola” (1884), sottolineava con rigore la natura indesiderata dell’incontro, considerandolo una violazione dei principi fondamentali dell’arte e auspicando norme stringenti per limitarne la frequenza e le conseguenti inevitabili dispute.

Sebbene l’arte della scherma stesse già evolvendo verso la dimensione sportiva, il suo legame con le cruente origini del duello era ancora ben vivo e palpabile. Tuttavia, già nei primi vagiti della Federazione Italiana di Scherma (FIS, nata nel 1909), come si evince dal primo bollettino del 1910, si manifestava la volontà di penalizzare l’incontro nelle competizioni, riflettendo ancora una logica mutuata dal duello: chi, in un contesto di reale pericolo, cercherebbe volontariamente un colpo doppio con esiti potenzialmente fatali?

Eppure – ecco il paradosso – la scherma agonistica moderna sembra aver ribaltato questa logica. Ciò che un tempo era considerato un errore capitale, un “peccato mortale” per lo schermidore, si è trasformato in una risorsa tattica e strategica, attivamente ricercata in determinate e frequenti situazioni.

È fondamentale distinguere il colpo doppio, frequente nelle tre armi, dal punto doppio, specifico della spada. Sorvolando sul tempo di interdizione, oggi gestito elettronicamente, e differente per ciascuna arma, il colpo doppio porta all’assegnazione del punto a entrambi nella spada, e invece a uno solo (chi “ha ragione”) o a nessuno (“tempo comune”) nel fioretto e nella sciabola.

Perciò la filosofia della scherma sportiva si discosta radicalmente dalle sue radici: non vince necessariamente chi colpisce per primo, ma chi accumula il maggior numero di punti. In un assalto a eliminazione diretta, si possono subire quattordici “morti” virtuali e vincere infliggendone quindici all’avversario.

Nella spada, la ricerca del colpo doppio diviene una tattica preziosa per chi è in vantaggio, ponendo sull’avversario l’onere di evitarlo.

Nel fioretto e nella sciabola, pur non essendoci il punto doppio, la ricerca del colpo doppio è una strategia legata all’interpretazione arbitrale della precedenza, un nodo dolente e controverso che sembra mancare della volontà o degli strumenti per essere risolto. Va sottolineato ancora una volta il fatto che il regolamento dice cose diverse – a volta opposte – dalla sua applicazione pratica.

Questa deriva sta avendo conseguenze tangibili, con una preoccupante diminuzione in Italia dei praticanti e delle sale dedicate al fioretto e alla sciabola, a vantaggio della spada, un tempo marginalizzata. È imperativo intervenire per invertire questa tendenza, prima che il declino diventi irreversibile. Penso al pericolo che il Cio possa ridurre la presenza della scherma in Olimpiadi future, considerato l’impatto economico e numerico di altre discipline sportive emergenti.

Le regole le fa la Fie, ma l’iniziativa devono prenderla le federazioni nazionali. Saranno abbastanza lungimiranti?

Articolo di Giancarlo Toràn

Le immagini di copertina (spada) e all’interno dell’articolo (fioretto e sciabola) sono tratte dalle foto originali dalla pagina Fis di Facebook.

Il dipinto qui riprodotto è il “Duelo interrumpido”_di Josè Garnelo, 1890. Le vedove, per questa volta, ce le siamo risparmiate.

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